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9 Mag 08

Piero Ostellino

«Apprezziamo l’eccell e n z a quanto la correttezza, l’indipendenza quanto il cameratismo ». Il motto del preambolo della Costituzione australiana sembra adattarsi bene a due giudizi sul governo Berlusconi pubblicati ieri dal Corriere. Del giudizio di Franco Debenedetti si potrebbe dire che esso rappresenta la felice fusione fra un certo apprezzamento per l’eccellenza della compagine governativa, e in particolare di alcuni dei suoi ministri, e la correttezza dell’uomo che non si lascia condizionare dalla propria appartenenza culturale e politica alla sinistra liberale. A sua volta, del giudizio di Adriana Poli Bortone si potrebbe dire che l’indipendenza che traspare dalla sua serena critica alla struttura del governo, e al fatto di esserne stata esclusa, non mette in discussione il cameratismo nei confronti del centrodestra al quale appartiene. Insomma, due buoni esempi del clima che vorremmo si instaurasse, pur nel confronto a volte anche inevitabilmente aspro, fra maggioranza e opposizione e, all’interno della maggioranza, fra le anime che ancora la popolano, di fronte alle «cose da fare». Correttezza di giudizio nel rapporto dialettico fra le parti contrapposte, da un lato; indipendenza di giudizio e, al tempo stesso, lealtà di comportamenti, all’interno della parte governativa, dall’altro. E’ pretendere troppo?

Debenedetti segnala, fra le «eccellenze» del governo, Roberto Maroni (Interni), Renato Brunetta (Innovazione), Franco Frattini (Esteri), Claudio Scajola (Sviluppo economico), Giulio Tremonti (Economia) ma soprattutto Maurizio Sacconi (Welfare). Personalmente, mi riservo il giudizio su ciò che, in concreto, faranno il governo e i suoi ministri, forte del proverbio inglese che per sapere com’è il budino bisogna mangiarlo. Un’eccezione credo, però, la si possa fare sulle prospettive che apre la presenza di Sacconi al Welfare, che, secondo Debenedetti, è «la migliore scelta che Berlusconi potesse fare». Poiché sarebbe piaciuto al presidente del Consiglio avere nel proprio governo Pietro Ichino — che, con Sacconi, è l’interprete più coerente del pensiero di Marco Biagi — non sembra, dunque, azzardato prevedere, e sperare, che sul tema delicato dello Stato sociale nasca un’utile cooperazione fra maggioranza e opposizione.

Adriana Poli Bortone dice che «è un governo espressione dei partiti». E’ un giudizio che condivido. Temo il corporativismo dei partiti. Nel programma c’è tanta Economia (eliminazione dell’Ici sulla prima casa, detassazione degli straordinari, sussidi a famiglie e giovani) e poca Politica (Stato di diritto, deregolamentazione, liberalizzazioni). E’ lo spettro del populismo. Che non è la ricetta per portare l’Italia nella Modernità. Anzi. La Politica al comando, dice Tremonti, l’uomo di punta del governo. Dica che cosa intende, in concreto, per la Politica al comando e si comporti di conseguenza. Noi, di conseguenza, lo giudicheremo. Senza pregiudizi ma anche senza indulgenze.


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